L'EMERGENZA È ALTROVE
50 profughi del Kossovo al centro Pci di comignolo: l'accoglienza discreta della popolazione.



La testimonianza del parroco e del vicesindaco

L'afflusso di persone provenienti dal Kossovo, negli ultimi tempi ha coinvolto nel nostro Cantone oltre agli enti statali anche gruppi spontanei e comunità. In particolare quella di Bironico-Camignolo Rivera che si è mossa con gesti di solidarietà verso quei rifugiati accolti presso il Centro di Protezione Civile di Camignolo. Come per la testimonianza delle due pagine precedenti sui profughi in Puglia, anche qui l'accoglienza è vissuta nella normalità. Smentendo così chi grida all'invasione, l'accoglienza si esprime nel quotidiano come solidarietà con chi viene da Paesi dove si consuma la tragedia e doveve c'è la vera emergenza. Riprendiamo qui l'intervista trasmessa durante la trasmissione televisiva Cartas Insieme dello scorso 7 novembre a cura di Dante Balbo, con le testimonianze della signora Ester Pontarolo, vice sindaco di Camignolo e di don Claudio Premoli, Parroco delle tre comunità.

D: Signora Pontarolo, cosa ha voluto dire per voi questa esperienza? Ha voluto dire che in poco tempo abbiamo dovuto mettere a disposizione i nostri locali della Protezione Civile e collaborare con i responsabili ad accogliere questi profughi.

D: Cosa è successo, quanta gente è venuta? Di regola venivano una cinquantina di persone, dei quali la metà erano sempre bambini con i loro genitori e qualche giovane. Venivano magari un giorno o due, poi li riportavano a Chiasso.

D: Perché si parla di emergenza, don Claudio? Non si è parlato di emergenza, siamo stati confrontati con questa che per la nostra comunità è stata un'emergenza. È stato talmente normale fare quello che abbiamo fatto, per cui non so se significa parlare di emergenza, forse sono i giornali, le televisioni che hanno contribuito a creare questo clima. Però noi comunità abbiamo dovuto correre incontro a queste persone che arrivavano senza niente.

D: Lei signora ha coordinato i vari lavori. Sì, ho fatto qualche telefonata e con don Claudio ci siamo messi in moto per verificare i bisogni e in poco tempo abbiamo ricevuto abiti, giocattoli e aiuti in generale.

D: Don Claudio questa "emergenza" è finita o continua? No, continua. Praticamente hanno allertato ancora la Protezione Civile di Camignolo dicendo che sarebbe ricominciato questo flusso di persone. Sono gruppi ristretti di persone che possiamo accogliere anche perché la Protezione Civile non è molto grande. Arrivano praticamente al confine, li accompagnano qui e poi li riportano a Chiasso per essere registrati, dunque è un pre centro di accoglienza. Chiaramente arrivano senza niente, ci sono molti gruppi famigliari, quindi bambini con i loro genitori, ma soprattutto abbiamo visto bambini.

D: Don Claudio, la gente è quindi accogliente, quest'idea dell'indifferenza, su cui si fanno tante discussioni a proposito, non è dunque vera? No. Data la risposta che abbiamo avuto, la cosa è avvenuta in un modo abbastanza discreto nel senso che sono stati tutti avvisati, almeno nel Comune di Camignolo, mi sono poi preso la briga di avvisare anche le comunità di Bironico e Rivera e la gente si è mossa in maniera discreta per cui non c'è un grande clamore.

D: Quindi di fronte al confronto con la storia, con la vita, con quello che ci accade non c'è bisogno di fare una pastorale dell'accoglienza, don Claudio? Se la gente è abituata all'interno delle loro famiglie ad essere accogliente non ha bisogno di essere spronata a farlo, perché lo fanno naturalmente. Questa è la cosa che mi ha colpito di più, che la gente ha risposto naturalmente e discretamente a questa situazione. Con molta discrezione, anche nel rispetto di queste persone. Non è che c'è stata la calca di gente che voleva venire a vedere i bambini o come vanno le cose, ecc. Si trovavano al mattino all'esterno del centro PCi, scatole, borse con indumenti o altro. La gente si è mossa anche così. Gente che mi ha dato delle offerte per generi di prima necessità. lo e la signora abbiamo dovuto comprare molte cose di prima necessità, soprattutto la biancheria intima per esempio, oppure giocattoli per i bambini, dolci. Quelle cose che ti fanno sentire accolto, che servono anche per questo. Certo che stringeva un po' il cuore vedere che dovevano stare lì in quel posto, che è praticamente un bunker, a causa delle leggi. Dovevano appunto starci due giorni chiusi, senza vedere il sole.

D: Don Claudio, questa esperienza ci insegna qualcosa di particolare. Per il cammino della vostra comunità parrocchiale avete immaginato che possa continuare anche attraverso delle riflessioni o attraverso un ripensamento su quanto accaduto? Non ci abbiamo ancora pensato, però evidentemente, visto che ci ha toccato così personalmente, sarà anche il caso poi di riprendere la questione e pensarci un attimino. Vedere come ci siamo comportati, se va bene così se non va bene, se la gente si è accorta o no. Ora poi arriva il Natale, tutti si mettono in pista con varie iniziative, ma questa cosa è concreta, vediamo come abbiamo risposto, come possiamo rispondere, perché a quanto pare quella che chiamano emergenza è una realtà. Dobbiamo confrontarci con queste persone che non hanno niente e bussano alla tua porta e devi essere pronto ad aprire. Non puoi pensare chissà che cosa, fare piani astratti, devi rispondere perché uno ti chiama. O rispondi si o rispondi no! C'è poco da fare.

D: Signora Ester, la sua esperienza di mamma, lei ha tre figli, i ragazzi come reagiscono di fronte a questa situazione? Anche se non lo dimostrano, sono toccati da questi avvenimenti, perché quando tornavo a casa dicendo che i bambini sono sporchi, bisogna lavarli, bisogna vestirli, si stupivano davanti ai giocattoli che invece erano solo oggetti, magari di seconda mano. Penso che direttamente non dicono niente ma poi ci pensano sicuramente. Visto che abbiamo ricevuto tanti giocattoli da parte di nostri bambini, probabilmente ci pensano. L'unica cosa è che non li hanno visti, se li avessero visti all'arrivo, con i bus, sarebbe stato diverso.

D: Don Claudio, quindi una solidarietà ancora più importante perché non è fatta sul clamore giornalistico, sul fatto che si è visto in paese questa cosa, dunque la discrezione è un elemento fondamentale? Secondo me si. C'è poco da far proclami, quando uno ha bisogno, ha bisogno! Non devi star troppo a pensare. Come detto prima, o rispondi si o rispondi no, traendo le conseguenze da questi due tipi di risposta. Anch'io, la mattina quando sono arrivato, tornando da un pellegrinaggio, mi ha telefonato la signora della Protezione Civile spiegando la situazione e chiedendomi di fare qualcosa e mi sono mosso subito. Avevo telefonato appunto anche a Caritas Ticino per vedere come ci si comporta in queste occasioni. Sono stato preso alla sprovvista come tutti. Allora ti muovi subito, vaia vedere cosa fare, i bisogni di questa gente e ti muovi in quel senso. Semplicemente abbiamo fatto questo.

D: La risorsa della solidarietà è quindi una risorsa presente sul territorio, don Claudio? Sicuramente, in questi paesi è ancora molto sentita, capita a livello di famiglie nostre, solidarietà di tutti i tipi. Lo si vede evidentemente soprattutto in certe occasioni quando le famiglie vengono toccate da disgrazie, lutti, allora lì la cosa è più evidente. Però ho presente gli anziani che vado a trovare, non è che sono lasciati soli, vengono visitati frequentemente da persone, vicini di casa, ecc. Ci sono delle dimostrazioni che la solidarietà non è morta nonostante abbiamo apparentemente questa scorza impenetrabile di diffidenza, ma non è vero. La gente si muove se ha bisogno.

D: Quindi il mito dell'indifferenza è soprattutto un mito urbano, legato all'esperienza delle grandi città. Non lo so, perché anche lì vedo che le cose funzionano. Ho provato ad abitare in città e funziona. Forse sono troppo positivo.

D: Signora, un'esperienza come questa evidentemente può darci lo spunto per una riflessione sul fatto che certe risorse semplicemente bisogna attivarle. Bisogna trovarsi dentro come è capitato a noi, che questa volta abbiamo reagito di primo impulso senza tirarsi indietro. Tornando dal pellegrinaggio il sindaco mi ha detto: "cerca di fare qualche cosa tu". Ci siamo messi subito in moto, non eravamo pronti perché non ci è mai capitata una cosa simile, quindi era la prima volta anche per noi e speriamo di aver fatto bene.

D: Don Claudio, questa esperienza ha coinvolto tutti, la parrocchia è stata trainante comunque come capacità di creare questo tessuto, di coagularlo? Non so se è stato così o se possiamo dire così adesso vedendo retrospettivamente come ci siamo mossi. Ci siamo mossi perché siamo anche amici tra di noi e essendo il parroco di questa comunità, la signora è vicesindaco a Camignolo e attiva in parrocchia. L'hanno chiesto a me e mi sono mosso con la gente che conosco, con tutta la gente in quanto ci conosciamo tutti. Probabilmente anche la signora che mi ha chiamato subito al mattino pensava alla struttura della parrocchia e noi abbiamo risposto come potevamo rispondere.